Tutti lo amano e lo vogliono, ma sono pochi coloro che conoscono la sua vera storia. Il gatto persiano ha origini molto antiche, ma al contrario di come si pensa non è naturalmente ipertipico, ovvero con il “muso schiacciato”.
Il vero gatto persiano risale all’Antica Persia, da qui il nome attuale, era normotipo e lo chiamavano gatto d’angora, il manto era prevalentemente bianco ed era più folto e setoso di un gatto comune. Prese il nome di persiano, quando fu selezionata la razza attraverso l’incrocio con un caratteristico gatto a pelo lungo importato dall’Iran, più piccolo e robusto, che gli ha lasciato la conformazione fisica odierna.
Il gatto persiano attuale è popolarmente riconosciuto nella caratteristica del muso schiacciato, infatti non tutti sanno che tale peculiarità è il frutto di incroci tra varie razze. Ed è così, come lo conosciamo noi, dalla metà del secolo scorso.
Nonostante le svariate ibridazioni e la selezione genetica, il persiano normotipo è sopravvissuto comunque, anche se meno ricercato, proprio in virtù di questa credenza, ossia che la razza pura sia ipertipica. Invece è nettamente il contrario, e lo si evince anche dal nome, normotipo indica il gatto persiano “normale”.
Non si sa esattamente da quale incrocio decisivo il persiano abbia adottato la conformazione del muso schiacciato, sappiamo soltanto che è comparso agli inizi del ‘900, e a parte i vari incroci successivi e non riconosciuti, sono due le sottorazze ufficiali, se così vogliamo definirle, che derivano dal gatto persiano moderno: il color point (colourpoint) o himalayano, nato dall’incrocio con il siamese ed ha sempre gli occhi azzurri, e l’exotic shorthair, persiano a pelo corto, ottenuto con il british shorthair, che a sua volta deriva dal gatto persiano.
Secondo la regolamentazione dell’ANF, l’Anagrafe Nazionale Felina, e la Federazione Internazionale Felina (FIFé), un cucciolo nato dall’accoppiamento di un persiano classico con un exotic, o un color point, è un gatto persiano a tutti gli effetti.
Nell’antichità, il sultano che viaggiava per i territori del Medio Oriente, portava con sé il suo gatto, essendo un compagno affettuoso e presente, molto devoto e quasi ubbidiente, come fosse un cane, e questa caratteristica “umana” del gatto persiano è sopravvissuta nei secoli.
Il gatto persiano arrivò in Europa 400 anni fa, grazie ad un commerciante italiano che rimase folgorato dal carattere speciale di questo animale, nonché dalla sua bellezza ed eleganza, e ben presto riscosse un notevole successo, soprattutto nelle corti reali, proprio per il suo portamento regale e decisamente poco selvatico. Peraltro prima di quel tempo non si era mai visto un gatto con il pelo lungo, e ciò rappresentava anche una piacevole novità.
Si dice che l’antenato del persiano sia mutato geneticamente, in maniera del tutto naturale, per ottenere una folta pelliccia che lo proteggesse dal freddo delle montagne della Turchia. Oppure in seguito all’ibridazione con un gatto proveniente dal Tibet, o comunque vivente nell’Asia Centrale, il manùl (gatto delle nevi), un felino selvatico con cui si è naturalmente accoppiato e ne ha ottenuto il beneficio del mantello.
Uno studio del 2007, tuttavia, che ha analizzato l’intera genealogia del gatto persiano, ha stabilito che, come tutti i gatti domestici, il gatto persiano discende dai felini del Nord Africa e non ha origini asiatiche.